mostrePossiamo organizzare MOSTRE & READING  - anche su commissione e richiesta - in relazione a particolari ricorrenze di autori, eventi o manifestazioni.

Abbiamo già prodotto mostre su Umberto Saba...

Reading & Mostre

Possiamo organizzare mostre e reading  - anche su commissione e richiesta - in relazione a particolari ricorrenze di autori, eventi o manifestazioni. Abbiamo già prodotto mostre su Umberto Saba, don Lorenzo Milani, Primo Levi, Cesare Pavese. Oltre ad un curato aspetto grafico e ad una ricerca minuziosa sugli scritti delle persone elencate, le mostre posseggono il vantaggio di abbinare molteplici stimoli. Le suggestioni, come in un quadro dei macchiaioli, permettono di ricostruire le vite degli autori attraverso alcuni significativi elementi. I reading sono ad opera di attori qualificati. Mostre e reading sono economici, facilmente trasportabili e di rapidissimo allestimento.


READING E MOSTRA OMAGGIO A UMBERTO SABA NEI 50 ANNI DALLA MORTE

La Scuola di Narrazioni Arturo Bandini di Nausika, nei 50 anni dalla morte del grande poeta triestino ha voluto rendergli omaggio con una mostra ed un reading. La mostra comprende pannelli di svariate dimensioni con alcune delle più belle poesie di Saba accompagnate da illustrazioni.

Il reading viene, generalmente, realizzato dal vivo all'inaugurazione della mostra e poi lasciato in loop registrato come commento sonoro alla mostra.

La mostra è stata ideata da Federico Batini e realizzata graficamente da Simone Cini.

Il reading in CD è stato registrato da Federico Batini, Francesco Botti, Samuele Boncompagni registrazione e commento musicale di Roberto Fiorini.

Il reading live vede le voci di Federico Batini e Francesco Botti accompagnate dal violoncello di Paco Mengozzi.

Mostra e reading sono già stati allestiti in occasione del Festival Narrazioni 2007 (nei Bastioni del Cassero della Fortezza Medicea di Poggibonsi) e del Play Art Festival (nella Sala del Consiglio Comunale di Arezzo).

Umberto Saba

UMBERTO SABA - Poeta del XX secolo, Saba nacque il 9 Marzo 1883 a Trieste, da madre ebrea e padre cristiano. La mancanza della figura paterna costrinse la madre ad affidare il bambino alla contadina slovena Peppa Sabbaz; egli fu subito conquistato dal carattere estroverso, allegro ed espansivo della nutrice, che lo portò ad allontanarsi dalla figura della madre causando in lui il disagio di un’ambivalenza affettiva che lo tormentò per tutta la vita. Il cognome d’arte Saba, che il poeta assunse dopo i precedenti Chopin e Umberto di Montereale, sembra fosse legato al forte ricordo della nutrice; mentre altri lo attribuirebbero alla parola ebraica che indica il "pane". Nel periodo di produzione dell’autore, a Trieste, unico porto dell’Impero Austro-Ungarico, circolavano tre lingue: il tedesco, il dialetto, lingua maggiormente in uso, e l’italiano, che faceva parte di una tradizione letteraria alta alla quale Saba aderì con una poetica semplice e originale che si allontanava dalle correnti dominanti del tempo. Tutti gli aspetti della vita giornaliera e della sua stessa vita entrano nella sua poesia attraverso parole domestiche, le prime venute, "parole senza storia",e quindi scelte per la loro concreta oggettività. La donna amata è per lui una sorta di appoggio concreto nella vita di tutti i giorni, Trieste rappresenta invece l’espressione del suo stato d’animo. Di Saba possiamo dire che egli si rende compartecipe dei sentimenti da lui espressi nelle sue stesse poesie; egli è infatti legato a ciò che racconta da una forte affettuosità, che fonde un premeditato oggettivismo con una spontanea soggettività. Il giudizio della critica sull’opera di questo poeta fu inizialmente perplesso, soprattutto a causa dei suoi versi, giudicati apparentemente poco dotati di freschezza ed originalità. Oggi Saba, compreso al di fuori degli schemi dell’epoca, viene considerato uno dei più grandi poeti del Novecento italiano


READING E MOSTRA OMAGGIO A DON LORENZO MILANI NEI 40 ANNI DALLA MORTE

La Scuola di Narrazioni Arturo Bandini di Nausika, nei 40 anni dalla morte di Don Lorenzo Milani ha voluto rendergli omaggio con una mostra ed un reading. La mostra comprende pannelli di svariate dimensioni con alcune delle parti più significative ed attuali delle opere di Don Milani, accompagnate da foto ed illustrazioni. Il reading viene, generalmente, realizzato dal vivo all'inaugurazione della mostra e poi lasciato in loop registrato come commento sonoro alla mostra. La mostra è stata ideata da Federico Batini. Il reading in CD è stato registrato da Federico Batini, Francesco Botti, Samuele Boncompagni, registrazione e commento musicale di Roberto Fiorini. Il reading live vede le voci di Federico Batini e Francesco Botti accompagnate dal violoncello di Paco Mengozzi. Mostra e reading sono già stati allestiti in occasione del Festival Narrazioni 2007 (nei Bastioni del Cassero della Fortezza Medicea di Poggibonsi), de "Il Giardino delle Idee" e del Play Art Festival (nella Sala del Consiglio Comunale di Arezzo).

Don Lorenzo Milani

DON LORENZO MILANI - Personaggio fra i più controversi della storia del Novecento, Don Milani ci appare tutt’oggi come un simbolo delle forti passioni della sua epoca, gli anni Cinquanta e Sessanta. Nato a Firenze nel 1923, vive una vita breve ma intensa (muore nel 1967 a 44 anni); la sua vocazione alla fede cristiana matura in un ambiente familiare indifferente, quando non espressamente ostile, all’esperienza religiosa. A 20 entra in seminario, cominciando già allora a rinnegare energicamente il suo passato, quei 20 anni che considera "passati nelle tenebre". Capisaldi nel suo pensiero di sacerdote e pastore divengono la lotta all’ingiustizia sociale, al divario tra poveri e ricchi, e con essi all’ignoranza; Don Milani vede infatti nella mancanza di cultura un ostacolo all’evangelizzazione e all’elevazione sociale; proprio per questo investe tutte le sue energie nella scuola, che gli appare lo strumento fondamentale per colmare quel fossato culturale che lo divide dai suoi fedeli, per dare la parola ai poveri perchè divengano più liberi e più eguali, per difendersi meglio e gestire da sovrani l’uso del voto e dello sciopero. Quindi, ordinato sacerdote a 24 anni, e dopo un iniziale esperienza a San Donato a Calenzano (vicino a Firenze), è “confinato” nel piccolo e sperduto paesino di Barbiana nel Mugello che attua il suo rivoluzionario esperimento educativo; il famoso motto della scuola da lui coniato “I care” (mi interessa, mi sta a cuore, l’esatto contrario del motto fascista “me ne frego”) riassume il suo pensiero: la presa di consapevolezza dei ragazzi deve nascere dall’interesse, dal coinvolgimento attivo, dall’abbandono di ogni ragionamento settario e ideologico e di ogni nozionismo passivo. E’ con questo spirito radicale, con questa ricerca di coerenza evangelica “drastica” nell’elevazione degli “ultimi”, che nascono i suoi scritti, che ben riassumono la “scomodità” di alcune sue posizioni, anche per la Chiesa stessa: in “Lettera ad una professoressa” contesta il metodo educativo tradizionale, per lui rigido ed elitario; in “Lettera ai giudici” prende nettamente posizione a favore dell’obiezione di coscienza, in opposizione agli stessi cappellani militari: proprio per questo viene processato, ma muore prima che la sentenza (di assoluzione) venga pronunciata.. Questi, come la maggior parte degli altri scritti maturati a Barbiana, sono stati realizzati cooperativamente da Don Milani con i ragazzi della scuola.


READING E MOSTRA OMAGGIO A PRIMO LEVI NEI 20 ANNI DALLA MORTE

A 20 anni dalla scomparsa di Primo Levi la Scuola di Narrazioni Arturo Bandini ha deciso di dedicargli un reading omaggio. Attraverso un percorso che si snoda tra le pagine di SE QUESTO E' UN UOMO le voci di Francesco Botti e Federico Batini ci guidano al recupero della memoria di una dei più sconcertanti avvenimenti del '900: la deportazione ebraica ad opera dei nazi-fascisti. Il violoncello di Paco Mengozzi, che offre variazioni su un tema di Kol Nidrei accompagna in questo viaggio nell'abisso dell'umanità dal quale si esce con il monito del ricordo.

Primo Levi

PRIMO LEVI - Nato a Torino in una famiglia ebraica il 31 luglio 1919, nel 1934 si iscrive al liceo classico Massimo d'Azeglio di Torino, noto per aver ospitato docenti illustri e oppositori del fascismo come Augusto Monti, Franco Antonicelli, Umberto Cosmo, Zino Zini, Norberto Bobbio, Fernanda Pivano e molti altri. Per qualche mese ha Cesare Pavese come insegnante di italiano. Nel 1937 si diploma e si iscrive al corso di laurea in chimica presso l'Università di Torino. Nel 1938 entrano in vigore le leggi razziali, che introducono gravi discriminazioni ai danni della popolazione di razza ebraica. Gli ebrei perdono anche il diritto di iscriversi all'università, ma con un'eccezione: a chi è già iscritto ed ha già completato il primo anno di corso viene concesso di proseguire gli studi. All'epoca Primo Levi è uno studente del secondo anno. Le leggi razziali hanno un determinante influsso indiretto sul suo percorso universitario ed intellettuale. Levi si rende progressivamente conto di amare la fisica più della chimica, fino ad arrivare a prendere in considerazione un cambiamento di facoltà. Tuttavia, in quanto ebreo, non gli è permessa la possibilità di farlo: l'unica opzione che le leggi razziali gli concedono è di terminare il corso di laurea già iniziato. Levi è in regola con gli esami, ma ha difficoltà a trovare un relatore per la sua tesi; si laurea comunque nel 1941 a pieni voti e con lode, con una tesi in fisica. Il diploma di laurea riporta la precisazione «di razza ebraica».

Le leggi razziali del regime fascista lo costringono di fatto, in quanto ebreo, a lavori saltuari. La sua breve esperienza in un nucleo della Resistenza locale affiliato a Giustizia e Libertà si conclude con l'arresto da parte della milizia fascista a Brusson, nel 1943, e la detenzione nel campo di transito di Fossoli. Nel febbraio del 1944 viene consegnato dai fascisti italiani ai nazisti e deportato ad Auschwitz, dove è assegnato al complesso Auschwitz III - Monowitz, come Häftling (letteralmente prigioniero) numero 174.517. Dopo un primo periodo di lavori forzati generici, riesce a superare un esame di chimica, che lo salva dalle camere a gas e gli consente di passare nei laboratori della Buna, una fabbrica per la produzione di gomma sintetica di proprietà del colosso chimico tedesco I.G. Farben. Ammalatosi di scarlattina, scampa fortunosamente alla marcia di evacuazione da Auschwitz (marcia della morte) avvenuta poco prima della liberazione del campo da parte dell'Armata Rossa. Viene liberato il 27 gennaio del 1945, anche se il suo rimpatrio avverrà solo nell'ottobre successivo.

Al ritorno in Italia, Levi scrisse di getto Se questo è un uomo, con l'incubo di non essere creduto. Infatti, nel clima di ricostruzione del dopoguerra non c'era la volontà di riaffacciarsi sull'orrore appena terminato e nel 1947 l'editore Einaudi rifiutò il manoscritto. Levi riuscì a trovare un editore, De Silva, che ne stampò appena duemilacinquecento copie, di cui soltanto millecinquecento vendute, soprattutto a Torino, nonostante la buona recensione di Italo Calvino su L'Unità. Levi, convinto del suo fallimento come scrittore, si dedicò con impegno alla sola professione di chimico per quasi dieci anni presso la Siva (ditta di produzione di vernici) di Settimo Torinese, di cui in seguito assumerà la direzione fino al pensionamento, dedicando via via sempre più tempo alla scrittura. Nel 1956, a una mostra, trovò finalmente in un gruppo di ragazzi gli ascoltatori attenti che gli erano mancati e riprese coraggio. Questa volta Einaudi decise di pubblicare il libro, che da allora fu ristampato e tradotto in molte lingue del mondo (compreso il tedesco). Riprese a scrivere e la Einaudi pubblicò tutti i suoi lavori, che incominciarono ad ottenere riconoscimenti in Italia e all'estero: La tregua vinse la prima edizione del Premio Campiello, nel 1963. Nel 1979 il romanzo La chiave a stella vinse il Premio Strega, mentre nel 1982 Se non ora, quando il Premio Viareggio.

Dalla sua esperienza nel Lager nazista nasce Se questo è un uomo, il racconto della sua prigionia, seguito, decenni più tardi, da I sommersi e i salvati. In questo testo, che è anche il suo ultimo volume, Levi torna, con lucidità disperata, sulla propria esperienza di deportato scampato al genocidio, per estendere alla "zona grigia" l'analisi delle colpe e delle responsabilità della Germania nazista. Levi cerca di analizzare con distacco la sua esperienza, confrontando l'universo concentrazionario nazista con universi simili (quello sovietico in primis, dai racconti di Aleksandr Sol?enicyn) cercando radici comuni e differenze. Con la consueta pacatezza, l'opera è l'atto d'accusa più chiaro ed inequivocabile che Primo Levi abbia mai pronunciato nei confronti della maggioranza del popolo tedesco.

Dai ricordi del suo viaggio di ritorno in Italia nasce La tregua, diario di un viaggio dagli accenti picareschi attraverso la devastata Europa post-bellica. Tornato finalmente a casa, a Torino, continua a sentire il dovere bruciante di raccontare, di descrivere l'indescrivibile, di far confrontare l'uomo con quello che l'uomo è capace di fare. Benché sia il racconto della sua esperienza nel Lager a dargli la fama, Levi ha cercato successivamente di svincolarsi da questa eredità, ampliando i confini del suo scrivere. Ha scritto molti racconti in cui l'osservazione della natura e l'impatto della scienza e della tecnica sulla quotidianità diventano lo spunto per originali situazioni narrative. Suo è anche il personaggio di Faussone, l'operaio specializzato trasfertista di La chiave a stella, che rappresenta quel gran numero di tecnici italiani che hanno lavorato in giro per il mondo a seguito dei grandi progetti di ingegneria civile portati avanti dall'industria italiana dell'epoca (anni sessanta e settanta).

Affronta anche la storia degli ebrei dell'Europa centrale nel romanzo "Se non ora, quando?".

Un esempio abbastanza rappresentativo dei temi della sua opera è la raccolta di racconti Il sistema periodico, in cui episodi autobiografici e racconti di fantasia vengono associati ciascuno ad un elemento chimico. L'11 aprile del 1987 Primo Levi muore, forse suicida, gettandosi o cadendo dalla tromba delle scale della sua casa di Torino.

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